Libera Biella Rotating Header Image

25° ANNIVERSARIO STRAGE DI VIA D’AMELIO – 19 LUGLIO 1992

LIBERA BIELLA  – 19 LUGLIO 1992 – 19 LUGLIO 2017

STRAGE DI VIA D’AMELIO – 25° ANNIVERSARIO

Sono passati 25 anni dalla strage di Via D’Amelio dove persero la vita Il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Eddie Walter Cosina e Claudio Traina.

L’anniversario diventa occasione proprio partendo da una sua affermazione PARLATE DELLA MAFIA. PARLATENE ALLA RADIO, IN TELEVISIONE, SUI GIORNALI. PERÒ PARLATENE” per effettuare alcune brevi considerazioni su cosa è accaduto in questi anni e qual’ è lo stato dell’arte oggi.

Il bilancio dopo 25 anni, purtroppo, ha un sapore amaro.

Una prima conferma la troviamo nel rapporto annuale presentato nel giugno 2017 al Parlamento dalla Direzione Nazionale Antimafia, presieduta dal Procuratore Franco Roberti, fornisce un quadro poco confortante sullo stato della criminalità organizzata in Italia.

“Cosa nostra” sebbene profondamente colpita da arresti e confische, rimane strutturata sul territorio, possiede ancora sconfinate risorse economiche ed è riconosciuta per autorevolezza da vasti strati della popolazione.

“Camorra” coinvolge principalmente l’area metropolitana di Napoli, la Campania e le regioni limitrofe.  Presenta un quadro in parte eterogeneo e fluido: a gruppi criminali ben strutturati e consolidati su determinati territori si affiancano aggregazioni caratterizzate da frequenti mutamenti, nella composizione, nelle alleanze e nelle contrapposizioni, espressione della frammentazione e della fluidità del contesto criminale ove operano. Siamo sicuramente di fronte ad una situazione di “elevato pericolo per l’ordine pubblico resa ancor più grave dai protagonisti di questi scenari, spesso nuove leve criminali: killer giovanissimi che si caratterizzano per la particolare ferocia che esprimono ed agiscono al di fuori di ogni regola”.

“‘Ndrangheta è “presente in tutti i settori nevralgici della politica, dell’amministrazione pubblica e dell’economia”, dal nord al sud d’Italia, ed è forte anche in diversi Paesi europei, in America e in Australia.

Alcune indagini hanno inoltre rivelato la elevata capacità di fare dei più importanti scali portuali i punti di sbarco di stupefacenti, nonchè un rapporto sempre più stretto tra la ‘ndrangheta, esponenti di rilievo delle Istituzioni e professionisti.

Al nord desta particolare preoccupazione il tentativo dell ‘ndrangheta di inserirsi nella realizzazione delle grandi opere, tra cui, in passato, i lavori legati ad Expo 2015, ed oggi la Tav ed il Terzo Valico.

 

Una seconda conferma riguarda il Piemonte. L’ ‘ndrangheta emerge con l’operazione Minotauro a Torino del 2011 in cui apparentemente il biellese sembrava essere rimasto un’isola felice, non toccata dal problema. Così non è.

 

BENI CONFISCATI NEL BIELLESE

Nel luglio 2014 la DDA di Milano dispone un provvedimento di sequestro nei confronti di due fratelli Rocco e Domenico Cristodaro, rispettivamente di 47 e 43 anni, “commercialisti” vicini al gruppo mafioso dei Mangano, con diversi uffici in Lombardia sparsi tra Crema e il capoluogo meneghino.

L’operazione portata a termine dalla Guardia di Finanza di Crema, in collaborazione con i carabinieri di Milano su delega della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) porta nel 2016 alla confisca di decine di beni anche nel nostro territorio.

In particolare, gli immobili confiscati nel biellese sono composti da sette beni tra appartamenti e case, un box (a Valle San Nicolao), quarantatrè appezzamenti tra boschi, frutteti, terreni agricoli tra Valle Mosso e Strona, oltre ad una tenuta a Valle Mosso.

 

LA ‘NDRANGHETA NEL BIELLESE – OPERAZIONE ALTO PIEMONTE

A seguito di indagini condotte a partire dal 2010 dal GICO della Guardia di Finanza di Torino, Squadra Mobile di Torino e di Biella per il grave tentato omicidio occorso nel luglio 2010 a Volpiano a danno di un imprenditore, Tedesco Antonio, gli inquirenti individuano una cellula ‘ndranghetista (esponenti della cosca Raso-Gullace-Albanese) operativa nel territorio dell’alto Piemonte. Si parla convenzionalmente del “locale di Santhià” sulla base di una conversazione intercettata nel 2010.

Nel luglio 2016 a seguito di una maxi operazione coordinata dalla Procura di Torino vengono arrestate 18 persone e sequestrati numerosi immobili anche nel Biellese.

I capi di imputazione contestati sono: associazione mafiosa armata e concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto di armi, danneggiamenti aggravati, incendi, sequestro di persona e un tentato omicidio aggravato.

Le indagini hanno accertato condizioni di evidente assoggettamento e omertà dimostrate anche da reticenze e assenze di denunce di fatti emersi grazie alle operazioni di intercettazione telefonica e ambientale.

Sono state evidenziate ipotesi di vera e propria guardiania verso locali di intrattenimento notturno, soggetti a protezione mafiosa, i cui gestori tuttavia hanno negato di essere vittime di estorsione, respingendo rapporti con i prevenuti che le operazioni tecniche hanno invece dinostrato con certezza.

La sentenza di primo grado è stata emessa lo scorso 3 luglio dal Tribunale di Torino con 13 condanne, comprese tra i 3 e i 15 anni di reclusione.

Dei principali imputati della zona, che hanno scelto il rito abbreviato, la pena maggiore è stata inflitta a Diego Raso, 37 anni, di Dorzano: 14 anni e 11 mesi di reclusione.

Per i pubblici ministeri, Monica Abbatecola e Paolo Toso, Diego Raso era il boss emergente della cosca.

A suo carico sono stati contestati innumerevoli episodi criminosi, nei quali l’uomo sarebbe stato aiutato dal fidato braccio destro Antonio Miccoli, 38 anni, abitante a Cavaglià.

Per Miccoli la condanna è stata 10 anni di reclusione; condannati anche Giovanni Raso, detto Rocco, 54 anni, di Dorzano (otto anni e 7 mesi di reclusione), Enrico Raso, 45 anni, di Cavaglià (nove anni e tre mesi di reclusione), un altro Giovanni Raso, 49 anni, di Dorzano (sette anni e sette mesi di reclusione), e Giuseppe Avenoso, 58 anni, anche lui di Cavaglià.

Cade il velo di una terra biellese non toccata dalle mafie. I fatti sono chiari: la linea della palma di Leonardo Sciascia ha raggiunto anche il nostro territorio.

Dal ricordo collegato a questo 25° anniversario della morte dei giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone può solo rafforzarsi la voglia di proseguire, ad occhi lucidi e consapevoli, il contrasto alle mafie ricordando una frase del giudice Antonino Caponnetto, capo del Pool antimafia di Palermo, di quegli anni: “LE BATTAGLIE IN CUI SI CREDE NON SONO MAI PERSE”.

18 Luglio 2017 – Osservatorio Libera Biella – Presidio Springer Azoti

0 Comments on “25° ANNIVERSARIO STRAGE DI VIA D’AMELIO – 19 LUGLIO 1992”

Leave a Comment